
A Casteltodino, due sorelle portano avanti l’eredità di tre generazioni di magliaie: una storia di donne, cashmere e resistenza artigianale. Tra sostenibilità, sfide del mercato e il sogno di un futuro ancora fatto a mano.
Nel cuore dell’Umbria, dove le colline parlano ancora il linguaggio delle stagioni e del lavoro lento, c’è un sapere che si tramanda da generazioni, fatto di fili, mani e visione.
Sono andata a Casteltodino, una frazione di Montecastrilli, per ascoltare una storia di quelle che vale la pena raccontare. Una storia cucita a mano, come i capi pregiati che escono ogni giorno dal laboratorio della maglieria Manni.
Dietro i telai e le mani esperte ci sono Annalisa e Sabrina Guardati, due sorelle che portano avanti un sapere femminile, artigianale e visionario, nato tre generazioni fa.
In Umbria, dove la maglieria è molto più che un mestiere: è identità, territorio, resistenza.
Non è solo cashmere: è memoria, è precisione, è coraggio.
È impresa al femminile che tiene duro, che si adatta, che lotta contro l’idea che tutto debba essere veloce, automatizzato, impersonale.
E invece, qui, ogni capo ha un’anima. Ogni punto, una storia.
«L’abbiamo ereditata io e mia sorella Sabrina da nostra madre», racconta Annalisa. «Era una ragazza del paese con un sogno nel cassetto: realizzare capi in maglieria. Ma in realtà tutto parte ancora prima: anche nostra nonna, negli anni ’50 e ’60, confezionava a mano capi d’intimo. Possiamo dire che la maglieria è nel nostro DNA.»

Una macchina in salotto e un sogno artigianale
Un mestiere nato quasi per caso, ma coltivato con determinazione e passione. La madre di Annalisa comincia a lavorare giovanissima, spostandosi ogni giorno a Terni per imparare il mestiere. Poi il ritorno a Casteltodino, una macchina da maglia, e la voglia di costruire qualcosa. «Aveva quella famosa macchina a mano, e da lì è iniziato tutto. Poi conobbe Maria Bianconi, una figura molto forte che gestiva l’azienda Maria di Ripabianca. Una sera le disse: “Andate a farvi subito la partita IVA, iniziamo a lavorare.” Così è partito tutto: prima da sola, poi ha cominciato a prendere le ragazze del paese appena finite le medie e insegnava loro il mestiere direttamente nel laboratorio.»
Formazione, viaggi e ritorno alle origini
Annalisa e Sabrina sono cresciute in mezzo a quel mondo. Con l’arrivo delle prime macchine elettroniche, Sabrina entra in azienda. Annalisa, più giovane, prima studia, poi si specializza con un corso di programmazione software per la maglieria a Perugia. Dopo esperienze fuori regione e all’estero, rientra e si unisce al progetto di famiglia.
Oggi, maglieria Manni produce capi di altissima qualità, lavorando soprattutto il cashmere e collaborando con brand umbri di rilevanza internazionale, come Brunello Cucinelli: “Produciamo maglie, cardigan, accessori e capi su misura – racconta Annalisa – ogni pezzo richiede cura, oggi un capo può richiedere anche tre ore di riammaglio, cucitura, rifinitura. È un lavoro di altissima precisione. Il mercato, però, è cambiato profondamente. Una volta si producevano fino a 10.000 capi al mese. Oggi quella cifra si raggiunge in un anno, ma con un prodotto molto più ricercato, molto più raffinato – prosegue Annalisa – le difficoltà non mancano. Non ci siamo mai appoggiati a grandi gruppi esterni, e questo significa che i nostri committenti sono pochi e il lavoro è sempre più scarso.»
Piccole imprese, grandi rischi
Il rischio è concreto: le imprese artigiane come la maglieria Manni chiudono ogni giorno. E senza un cambio di rotta, anche chi resiste dovrà ridimensionarsi. “Facciamo il possibile, ma senza un commerciale strutturato è dura. Puntiamo sulla qualità e sulla speranza che venga riconosciuta. Ma certo i tempi sono difficili, soprattutto per la manifattura italiana”
Chi prenderà il filo? Il problema delle nuove generazioni
Una delle sfide più urgenti è il ricambio generazionale. I giovani, semplicemente, non sono attratti da questo lavoro. È lo spauracchio della fine – dice l’imprenditrice – perché le nuove generazioni non sono attratte dall’artigianalità. È un vero peccato, si rischia di perdere un sapere preziosissimo. Se potessi dire qualcosa all’amministrazione regionale, chiederei preparazione nelle scuole, corsi di formazione, anche incentivi ai giovani che vogliono avvicinarsi a questi mestieri. Perché è un lavoro bellissimo, se solo lo conoscessero davvero si appassionerebbero!”.
Un’impresa a basso impatto e alta umanità
Ma la maglieria Manni continua a credere in quello che fa. E lo fa con uno stile tutto suo, sostenibile per natura, lontano dalle logiche di produzione intensiva:”È un lavoro quasi tutto manuale. Direi che siamo sostenibili al 90%. Le nostre strutture sono state svecchiate, ma il nostro approccio resta autentico, locale, artigianale”.
In un mondo che corre e consuma, Annalisa e Sabrina scelgono la lentezza della qualità, la forza del sapere condiviso, la resistenza della bellezza.
«Dietro ogni nostro capo c’è una storia, una mano, un volto. E questo, nessuna macchina potrà mai sostituirlo.»
In Umbria, dove le donne hanno fatto della maglieria un’arte e un’impresa, il futuro passa ancora per le loro mani. Serve solo che le istituzioni lo riconoscano. E che i giovani imparino a guardare con occhi nuovi il valore di un punto maglia.
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